Ecomuseo delle Terre d'Acqua

Ultima modifica 9 ottobre 2019

ECOMUSEO

Istituito nel 1999 dal Consiglio Regionale, che ne affidò la gestione alla Provincia di Vercelli, l’Ecomuseo delle Terre d’Acqua è il più vasto e complesso nell’ambito delle realtà ecomuseali piemontesi: comprende 51 Comuni e una popolazione di circa 130.000 abitanti.
Dal punto di vista geografico interessa la vasta pianura vercellese, compresa tra i fiumi Sesia Po e Dora Baltea, che costituisce una delle principali zone di produzione risicola a livello europeo.
Si tratta di un’area rurale omogenea, seppur caratterizzata da molteplici componenti paesaggistico-ambientali e da un insieme variegato di luoghi (risaie, biotopi, boschi planiziali, aree fluviali), che la connotano come unica al mondo. Questo territorio accoglie un sorprendente, per quantità e particolarità, patrimonio faunistico, nonostante la quasi totale diffusione della monocoltura del riso abbia profondamente trasformato l’assetto paesaggistico, a partire dal XV secolo.
L’intento dell’Ecomuseo delle Terre d’Acqua, che come tutti gli ecomusei si identifica con il territorio stesso, nella sua interezza e complessità, è quello di restituire alla comunità locale il valore del proprio patrimonio culturale, attraverso attività capaci di recuperare la memoria e la tradizione, non dimenticando mai che il legame con il mondo agricolo è un elemento inscindibile dalla storia del territorio vercellese.
A tal fine, i progetti ecomuseali sono volti a: raccontare la cultura contadina e la vita di cascina, ricche di tradizioni, folklore, credenze e saperi antichi; documentare i valori naturalistici dell’ambiente di risaia, presentando tale ambiente come il risultato del lavoro contadino, che ha saputo comprendere la natura e il delicato equilibrio esistente tra terra e acqua; ricostruire le fasi di trasformazione del territorio nel corso dei secoli, dovute ai processi di antropizzazione, all’introduzione di nuove tecniche agronomiche, all’avvio della meccanizzazione; analizzare le strutture agrarie e le architetture tipiche della zona. Particolare attenzione è rivolta alla storia e alle caratteristiche delle “vie d’acqua”: vere e proprie opere d’arte, capolavori di ingegneria idraulica, che conferiscono a questo ecomuseo peculiarità introvabili altrove.
Gli ecomusei non solo si presentano come la somma di più fattori, quali la storia del territorio di riferimento, il suo paesaggio, le tradizioni, il folklore, i beni mobili ed immobili, ma sono anche la somma delle azioni della gente che abita e vive quel territorio. Gli abitanti, tutti, possono contribuire allo sviluppo, alla valorizzazione e alla promozione del proprio ecomuseo, vale a dire del proprio territorio.
Sebbene alcuni siti di interesse storico, artistico e naturalistico debbano ancora essere recuperati, l’Ecomsueo delle Terre d’Acqua offre la possibilità di visitare interessanti strutture e luoghi. Tra i siti d’eccellenza occupa una posizione di primaria importanza la Chiesa di Santa Maria di Lucedio, oggetto di un imponente progetto di restauro, promosso dalla Provincia di Vercelli nel 2004 e ancora in corso. Attualmente è visitabile il campanile duecentesco della chiesa e l’annesso scavo archeologico. Il campanile, dalla particolare forma ottagonale, presenta numerose e preziose decorazioni di epoca medievale; dalle eleganti bifore della cella campanaria è possibile ammirare il suggestivo panorama delle risaie, incorniciate ad ovest dalla catena alpina, a sud dalle colline del Monferrato e a est dalla fitta vegetazione dell’antico Bosco di Trino. L’abbazia di Lucedio (il resto del complesso abbaziale è di proprietà privata) e l’afferente sistema delle grange (insediamenti agricoli alle dipendenze dell’abbazia) sono compresi, infatti, nella zona protetta del Parco Naturale del Bosco delle Sorti della Partecipanza di Trino.
Esempio mirabile dell’operatività di un privato nell’ambito ecomuseale si trova nell’Antico Mulino Riseria San Giovanni di Fontanetto Po, dove la famiglia proprietaria ha recuperato l’ultima testimonianza, nella pianura vercellese, di riseria azionata dalla forza motrice dell’acqua. La parte più antica del mulino risale al 1617; mentre i macchinari custoditi all’interno rappresentano gli ultimi esemplari perfettamente conservati del sistema di lavorazione del riso del XX secolo, con elementi meccanici ed architettonici interessanti dal punto di vista turistico, didattico ed archeologico.
La tipica architettura rurale, piemontese e lombarda, della cascina a corte chiusa non è testimoniata solo dalle grange lucediesi, ma è anche ravvisabile nell’imponente Tenuta Castello di Albano Vercellese, sede dell’ente Parco Lame del Sesia e Riserve. Gli spazi recuperati nelle antiche stalle e negli edifici rustici originari sono luoghi ideali per la realizzazione di attività ricreative, didattiche e scientifiche, organizzate dal Parco e collegate alle tematiche ecomuseali; mentre la vasta corte si trasforma spesso in un “laboratorio” di Land Art. Uno degli edifici è occupato dal significativo e ben conservato museo naturalistico del Parco.
Opera storica ed architettonica unica a livello europeo e gioiello di ingegneria idraulica, è la Stazione Idrometrica Sperimentale di Santhià. Costruita all’inizio del Novecento, allo scopo di misurare con criteri scientifici la quantità di acqua distribuita nei canali dell’articolata rete irrigua vercellese, comprende un complesso sistema di vasche ed invasi per la sperimentazione. Il sito è gestito dall’ottocentesca Associazione d’Irrigazione Ovest Sesia di Vercelli, che organizza visite guidate ai più importanti manufatti idraulici, primo fra tutti l’imbocco del Canale Cavour a Chivasso. Nelle sale della sede storica dell’Associazione si conservano ancora numerosi strumenti scientifici, planimetrie e documenti relativi alla storia dell’irrigazione e al tema dell’acqua.
La Cascina Boraso, altro significativo esempio di cascina a corte chiusa, fu all’inizio del XX secolo la sede della Stazione sperimentale di Risicoltura e delle Colture Irrigue: una delle più antiche istituzioni di ricerca agraria in Italia, dedita allo studio di una coltura che è divenuta il simbolo del vercellese. Il suo ruolo prioritario è stato sempre orientato alla ricerca genetica per il miglioramento e la costituzione di nuove varietà di riso. Il moderno edificio attiguo alla cascina storica accoglie da alcuni anni l’Unità di Ricerca del CRA (Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura), che ha raccolto e fatta sua l’antica missione dell’istituzione, a sostegno e sviluppo della ricerca italiana sul riso.